Dentro la bolla dello yoga
La magia che facciamo con lo yoga è reale, tangibile. Chi di noi non ha guardato con sano compiacimento gli studenti uscire da Savasana sereni e leggeri, come se il peso delle loro giornate, quello con cui sono entrati in sala, fosse evaporato. Ci sono molte sfumature di quella sensazione di beatitudine, di appagamento, tornare al centro di sé e sapere che andrà tutto bene.
Nota personale: questo, ho capito, è il vedo senso di fede: sapere che qualunque cosa succeda hai gli strumenti e la forza di affrontarla e che domani sarà comunque diverso, magari meglio.
Mi lasciavo avvolgere da quel senso di pace nella sala che facevo mia per il tempo necessario, cercavo di tenerlo più a lungo possibile, per loro e per me, così potevo dirmi di avere fatto un buon lavoro. E poi uscivo sorridente con il mio tappetino in spalla e tornavo nel mondo, quel mondo fatto di eccessi e squilibri, quello intorno e fuori da noi.
All’inizio ero troppo occupata per vedere, avevo lo sguardo corto fra me e le persone che cercavano risposte o che volevo si facessero domande. Volevo risolvere i problemi di tutti.
Curiosamente, dopo la mia prima e unica India a 40 anni, mi sono finalmente fermata a guardare, incapace di ignorare ciò che avevo davanti.
Il mondo fuori dalla bolla del benessere yogolistico è diverso, molto diverso. Le persone abusano di chi è disponibile. Ognuno lotta per farsi vedere, per farsi amare, per farsi riconoscere.
Uno sguardo po’ più lontano ed è una escalation di dolore, dalle violenze in tutte le declinazioni fino alle guerre, dalle malattie ai traumi. Quelli che chiamiamo fratelli, quelli che “siamo Uno”, sono gente che lotta per sopravvivere, ti pare che possiamo andare a raccontargli che la risposa a tutto è “dentro”?
Per favore. Ci hanno raccontato che yoga è unire corpo, mente e spirito. Io, io, io. Dimenticando che invece si tratta di unirsi a quel principio divino che è parte di tutti. Chi fa yoga e chi no. Chi si atteggia a santone e chi bestemmia.
E se stai pensando che andare a una lezione yoga ti salvi dalla sofferenza, sei caduto nella trappola anche tu. Più imparavo a meditare, più vedevo tutte le sfumature di sofferenza intorno a me. Non bastavano le mie buone intenzioni profumate d’incenso o sciorinare versi in sanscrito per arrivare a quelli che volevo salvare, quelli che lottano per sopravvivere, quelli che affrontano la morte in qualche misura, quelli che non hanno tempo né modo di scappare da una realtà che li limita, quando non li opprime.
Perché io si e gli altri no? Perchè io potevo occuparmi di questa cose?
Soprattutto, potevo davvero?