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The Namesake – il destino nel nome

Ho già notato, e scritto, di come pochi usano i nomi propri per rivolgersi alle persone, specie quelle con cui si ha confidenza. Non sono mai stata particolarmente attaccata al mio nome di nascita. Poi per una serie di spinte e motivazioni mi è stato dato un nome da studente, che trovi in questo post.

Ho insegnato Yoga per molti anni e non l’ho mai deciso. Dopo la mia prima iniziazione, nel 2007 credo, le meditazioni sono andate in una direzione autonoma, che ho seguito, e che ha sorprendentemente attirato condizioni esterne per cui ho insegnato, poco alla volta, per oltre 10 anni. Ho imparato molto su di me e sono stata tutto quello che ora so di non essere.

Con una certa ironia, con il Kriya ho iniziato a insegnare e con il Kriya ho smesso. Nel 2018 mi mandano in India per la terza e ultima iniziazione ai 144 Kriya, arrivo già a quella esperienza sapendo che qualcosa nella mia vita doveva cambiare.

Ecco, con il Kriya e con l’India smetto di insegnare, perchè non è più il mio posto, perchè non posso più fare l’entreneuse da tappetino.(ok non me ne vogliate, ma io così mi sentivo: incoerente)

Abbandonare quello Yoga, quell’identità, ha aperto uno spazio. Mi viene chiesto di iniziare la (lunga) preparazione per trasmettere il Kriya, la prima iniziazione.

Ci ho messo altri 4 anni, in cui materia e spirito si sono mischiati, ho navigato fra nuove sfide e cambiamenti, fra isolamento e nuove morti, ho rinunciato a molto, moltissimo di ciò che nutriva e colorava la mia vita, a quello che credevo fosse il mio senso, fuori.

Lo scorso Aprile, fra il mio compleanno e la Pasqua, in una splendida luna piena (quella del segretario del Karma, Chitragupta, di cui avevo scritto in tempi non sospetti qui), al termine di una seconda iniziazione, ricevo il nuovo nome e entro nell’Ordine degli Acharya, durante una cerimonia guidata da Siddhananda Mayi Ma e accompagnata da Arjuna.

Ricevo così per la prima volta un nome spirituale secondo la procedura tradizionale, da parte di Marshall Govindan Satchidananda, custode del lignaggio e fondatore dell’Ordine. In questo senso il nome ha la funzione di attrarre le qualità corrispondenti, complementari alla natura di chi lo riceve.

Riporto uno stralcio del significato del nome Chandradevi, così come mi è arrivato. Per la prima volta percepisco il senso del nome spirituale, che sento mio più del mio, nei contesti della vita connessi al Kriya.

Chandra: “luna”. Lo Shiva-Purana (III.5.53) si riferisce ad essa come regione del sahasrara cakra e che è della natura della Coscienza suprema. Nella letteratura classica dello Yoga e del Tantra si riferisce alla sede della mente superiore, o “buddhi”, che secerne il “nettare dell’immortalità”, noto come amrita o soma.

Si ritiene che il nettare della luna trasudi verso il basso nel tronco del corpo, dove viene consumato dal “sole”, surya, che risiede nella regione addominale. Le posizioni che invertono il corpo e la pratica dei bandam e dei kechari mudra hanno lo scopo di invertire questo flusso.

Il sole rappresenta il macrocosmo, o universo. La luna rappresenta il microcosmo, il corpo umano, ma riflette in sé l’intero universo, proprio come la luce della luna riflette la luce del sole.

La contemplazione in silenzio della luna sulla corona del capo e l’inversione del flusso del suo nettare attraverso le pratiche yogiche portano alla trascendenza di tutti i limiti umani.

Chiamarla con questo nuovo nome servirà a ricordare la sua natura di “coscienza suprema”, che attraverso la contemplazione della luna sulla corona e altre pratiche le permetterà di trascendere e liberarsi da tutte le illusorie limitazioni personali.

Om Tat Sat
Om Kriya Babaji Nama Aum
Om Kriya Mataji Nama Aum

 

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