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Costruire il tempio perfetto della beatitudine

Uno dei templi più imponenti del Tamil Nadu, nell’India meridionale, è il tempio di Brihadeeswarar, a Tanjore. La torre principale, alta 216 piedi, è coronata da una pietra nera di 81 tonnellate ed è considerata il gioiello della corona dell’architettura Tamil, poiché rimane il mistero di come la pietra sia stata innalzata a un’altezza apparentemente impossibile. Si racconta solo che il Siddha Karuvurar istruì il re Rajaraja Chola sulla costruzione del tempio. Rajaraja Chola fu così soddisfatto dei risultati che ordinò di costruire un santuario a Karuvurar sul terreno del tempio.

Questo tempio è una buona metafora del nostro lavoro nel Kriya Yoga di Babaji. La nostra pratica costante ci permette di sperimentare livelli più elevati di beatitudine, avvicinandoci sempre più al Sé. Questo culmina nell’esperienza del “samadhi”, la trance yogica in cui si è totalmente fusi con la pura coscienza, il Sé o la Verità, senza confusione. Lo stato di samadhi è caratterizzato dal silenzio mentale, dove viviamo la nostra vera natura: “Allora il Veggente dimora nella sua vera forma” (Yoga Sutra I. 3). Lo stato di samadhi è associato all’apertura del settimo chakra, il chakra della corona. Ma se vogliamo mantenere lo stato di samadhi – come la grande pietra in cima alla torre del tempio di Brihadeeswarar – è necessario stabilire un fondamento solido, una base solida che lo sostenga. Questo si ottiene attraverso una pratica disciplinata, ferma e incrollabile dello yoga.

Cinque guaine, cinque discipline

Secondo lo Yoga, la nostra essenza, il Sé o il Divino, è ricoperta da cinque guaine (“kosha”), come gli strati di una cipolla, che corrispondono a diversi piani di manifestazione. Ognuno di essi è più sottile del precedente. I primi tre strati fanno parte della nostra esperienza quotidiana:

  • Guaina fisica – il nostro corpo fisico.
  • Guaina vitale – la sede delle nostre emozioni e della nostra vitalità.
  • Guaina mentale – la sede delle percezioni sensoriali e dei pensieri ad esse collegati.
  • Guaina intellettuale – la sede del pensiero astratto e del discernimento.
  • Guaina della beatitudine o causale – la sede dell’amore incondizionato e della beatitudine.

Il Divino, il Sé, è nascosto all’interno di queste guaine, nascosto dentro di noi (“Il regno di Dio è infatti dentro di voi”, Luca 17.21). Come possiamo definire questo Divino? Come Essere-Coscienza-Bliss, senza fine e senza limiti.
I problemi che sorgono nella nostra condizione umana sono dovuti al fatto che la coscienza del Sé è avviluppata e identificata con le cinque guaine, proprio come l’acqua di mare contenuta in una bottiglia, gettata in mare, è identificata con la bottiglia che la contiene.
Più enfatizziamo l’io, più riaffermiamo questa contrazione. Il risultato è la sofferenza, il vivere costantemente gli alti e bassi fisici, emotivi e mentali della vita. L’ego, fissato sui fenomeni impermanenti, non trova mai la pace e la beatitudine permanenti che cerca. Lo yoga è il processo di liberazione di questo stato di coscienza legato all’ego, identificato con le guaine, per realizzare l’Essere Assoluto-Coscienza-Beatitudine, sat chit ananda.

Le cinque guaine possono essere viste come le pareti di una prigione, che limitano la realizzazione del nostro vero Sé. Per questo motivo, queste guaine devono essere distaccate, ignorate o trascese se si vuole andare oltre e fondersi con il Sé. Questo è l’approccio dello Yoga classico.
Dal punto di vista dei Siddha tantrici del sud dell’India (la “Tradizione dei 18 Siddha”), le cinque guaine possono diventare strumenti per la manifestazione del Divino, il nostro Sé superiore, nella creazione.
Le pratiche yogiche dei Siddha purificano e perfezionano le guaine, liberando la coscienza dai loro legami, tra cui l’ignoranza, l’egoismo, l’illusione e il karma. Allora il Sé che siamo può agire senza impedimenti attraverso di esse, manifestando sempre più la propria perfezione.

Il Kriya Yoga di Babaji ha cinque arti, cinque tipi di pratiche per perfezionare e integrare le cinque guaine:

  • Kriya Hatha Yoga – posture (asana) e blocchi muscolari (bandah) per la guaina fisica.
  • Kriya Kundalini Pranayama – tecniche di respirazione (pranayama) per la guaina vitale.
  • Kriya Dhyana Yoga – meditazioni per la guaina mentale.
  • Kriya Mantra Yoga – suoni sottili (mantra) per la guaina intellettuale.
  • Kriya Bhakti Yoga – attività devozionali e servizio per la guaina causale.
  • “Kriya” significa “azione con consapevolezza”. L’obiettivo del Kriya Yoga è portare “consapevolezza” in tutte le nostre azioni, in tutti i piani di esistenza.

La parola “Siddha” deriva dal Tamil “citta”. Citta è la coscienza nel suo stato di identificazione con le guaine. Un Siddha è un maestro di citta, un maestro di coscienza che ha definitivamente rimosso l’identificazione con le cinque guaine e le ha perfezionate in modo da poter manifestare la Verità del Sé: “Perciò sarete perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” (Matteo 5.48).

Una pratica guidata

Il satguru è la mano che conduce l’aspirante fuori dalla foresta intricata del suo ego. Egli può guidare nella misura in cui è al di là della foresta degli ego, stabilito nell’Essere-Coscienza-Bliss. Senza di lui, l’aspirante è intrappolato di volta in volta dalle tendenze ricorrenti delle proprie guaine. Il satguru prescrive una sadhana o disciplina spirituale. Si riceve la grazia del satguru finché si segue questa disciplina spirituale prescritta.

In tutti i lignaggi del Kriya Yoga c’è un solo satguru, Babaji; lo studente impara a sviluppare un rapporto diretto e personale con lui, senza intermediari, attraverso la settima tecnica di meditazione, insegnata nella prima iniziazione. Tuttavia, lo studente può usare questa stessa tecnica per contattare qualsiasi maestro spirituale…E Babaji non sarà geloso. Da ciò possiamo dedurre che il Kriya Yoga non è un culto della personalità attorno alla persona di Babaji; chiunque può praticarlo, indipendentemente dal suo credo, dalla sua filosofia o dalla sua condizione. Non è necessario credere in qualcosa per praticarlo; lo studente è solo incoraggiato a praticare le diverse tecniche e a sperimentare da solo i risultati.

Articolo originale di Acharya Nityananda
kriyayogadebabaji.net

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