Yagna

Charyâ, kriyâ, yoga o jñâna?

Siamo pronti a sopportare le difficoltà della sâdhana, alla morte dell’ego?
O preferiamo il piacere di “io” e “mio”?
È una questione di evoluzione, di quale stadio della vita manifestiamo in questa incarnazione – è charyâ, kriyâ, yoga o jñâna? Quando l’anima è spiritualmente matura siamo pronti a conoscere il Sé.
Quando siamo vincolati dai karma passati, infelici, confuso e non seguiamo con entusiasmo il dharma, il risultato sono nuovi karma e la letargia sfocia nella disperazione.
Il cammello cammina più lentamente con un pesante fardello e si ferma se il fardello è ancora più pesante.
Chi è oppresso non ha alcun senso di urgenza, nessuna espressione di gioia. Come se fossero fermi, in piedi sul sentiero tenendo stretti i loro problemi, incapaci di lasciarli andare.
Vivere la perfetta vita familiare conduce alla beatitudine onnisciente di Satchidânanda, realizziamo noi stessi non come Parasiva senza forma ma come la pura coscienza che sostiene e pervade tutte le forme dell’universo.
Sì, c’è un senso di urgenza sul sentiero dell’illuminazione, ma solo quando siamo liberi dal karma, solo quando camminiamo sul sentiero del dharma. Solo allora il vero yoga può essere praticato e perfezionato.

Il sentiero dell’illuminazione è diviso naturalmente in quattro stadi o padas:

  • charya, virtù e servizio disinteressato;
  • kriya, sadhanas di adorazione;
  • yoga, meditazione sotto la guida di un guru;
  • jnana, lo stato di saggezza dell’illuminazione raggiunto verso la fine del sentiero come risultato della realizzazione del sé attraverso la grazia del guru.

Questi quattro padas sono abbastanza simili ai quattro yoga del Vedanta: karma yoga, bhakti yoga, raja yoga e janana yoga. Tuttavia, c’è una differenza fondamentale. Mentre nel Vedanta si può scegliere di seguire solo uno degli yoga, nella scuola Saiva Sidhanta del Saivismo dobbiamo passare attraverso tutti e quattro gli stadi o padas.

Diciamo che il sentiero della vita è costituito da rocce che attraversano un ruscello poco profondo. Il Vedanta ci dà quattro percorsi di roccia separati tra cui scegliere, uno per ciascuno dei quattro yoga, che conducono tutti attraverso il fiume. Il Saiva Siddhanta ci dà un solo sentiero per attraversare il fiume che consiste di quattro pietre: charya, kriya, yoga e jnana.

I quattro stadi non sono vie alternative, ma fasi progressive e cumulative di un unico percorso, proprio come lo sviluppo naturale di una farfalla dall’uovo al bruco, dal bruco alla pupa, e poi la metamorfosi finale in farfalla. Le quattro fasi sono quelle che ogni anima umana deve attraversare in molte nascite per raggiungere il suo obiettivo finale di moksha, la libertà dalle rinascite. Nelle fasi iniziali, soffriamo finché non impariamo. L’apprendimento ci porta al servizio e il servizio disinteressato è l’inizio dello sforzo spirituale. Il servizio ci porta alla comprensione. La comprensione ci porta all’abbandono in Dio. Questo è il sentiero dritto e certo, il San Marga, che porta alla realizzazione del sé, lo scopo più profondo della vita.

Charya Pada

Charya, letteralmente “condotta”, è il primo stadio della religiosità e il fondamento dei tre stadi successivi. Viene anche chiamato dasa marga, che significa “sentiero della servitù”, perché qui l’anima si relaziona a Dio come servo al padrone. Le discipline del charya includono il servizio umile, la frequentazione del tempio, l’adempimento dei propri doveri verso la comunità e la famiglia, l’onore dei santi, il rispetto degli anziani, l’espiazione dei misfatti e l’adempimento delle dieci restrizioni classiche chiamate yama, che sono: non ferire, sincerità, non rubare, condotta divina, pazienza, fermezza, compassione, onestà, appetito moderato e purezza. È lo stadio del superamento dei paternali istintivi di base come la tendenza ad arrabbiarsi e a fare del male. Il giusto comportamento e il servizio auto-sacrificante non sono mai superati. La chiave del charya, o karma yoga, è il seva, il servizio religioso dato senza il minimo pensiero di ricompensa, che ha l’effetto magico di ammorbidire l’ego e far emergere l’innata devozione dell’anima.

Kriya Pada

Il Saivismo richiede una profonda devozione attraverso il bhakti yoga nel kriya pada, l’ammorbidimento dell’intelletto e lo sviluppo dell’amore. Nel kriya, il secondo stadio della religiosità, la nostra sadhana, o disciplina spirituale regolare, che era principalmente esterna nel charya, è ora anche interna. Il kriya, letteralmente “azione o rito” è l’agitazione dell’immagine della divinità dell’anima non solo come pietra da scolpire, ma come presenza vivente del Dio. Compiamo il rito e la puja non perché dobbiamo, ma perché lo vogliamo. Siamo attratti dal tempio per soddisfare il nostro desiderio. Cantiamo con gioia. Assorbiamo e intuiamo la saggezza dei Veda e degli Agama. Compiamo il pellegrinaggio e compiamo i sacramenti. Pratichiamo diligentemente le dieci osservanze classiche chiamate niyyama che sono: rimorso, contentezza, donazione, fede, adorazione del Signore, ascolto delle scritture, cognizione, voti sacri, recitazione e austerità. Il nostro rapporto con Dio è kriya è come il figlio con i suoi genitori.

Yoga Pada

Yoga “unione” è il processo di unione con Dio dentro di sé, uno stadio raggiunto attraverso il perfezionamento di charya e kriya. Dio è ora come un amico per noi. Questo sistema di scoperta interiore inizia con l’asana – sedersi tranquillamente nella postura yogica – e il pranayama, il controllo del respiro. Pratyahara, il ritiro dei sensi, porta la consapevolezza in dharna, la concentrazione, poi kundalini, il fuoco della coscienza sale ai chakra superiori, bruciando le scorie dell’ignoranza e dei karma passati. Dhyana conduce infine all’estasi – l’esperienza contemplativa di madhi, l’esperienza di Dio come parasiva, senza tempo, senza forma, senza spazio. In verità è necessario un satguru vivente come guida costante per attraversare questo sentiero. Quando lo yoga è praticato da una persona perfezionata nel kriya, gli dei ricevono lo yogi in mezzo a loro attraverso la sua kundalini risvegliata e infuocata, o energia cosmica all’interno di ogni individuo.

Jnana Pada

Jnana è la saggezza divina che emana da un essere illuminato, un’anima nella sua maturità, immersa nella coscienza di Siva, la realizzazione benedetta dello yoga e del tapas, o intensa disciplina spirituale. Attraverso lo yoga si irrompe nella mente supercosciente, sperimentando la beatitudine, la conoscenza totale e il silenzio perfetto. È quando l’intelletto dello yogi viene distrutto che egli si libra nel parasiva e ne esce come jnani, un conoscitore. Ogni volta che entra in quell’indicibile nirvikalpa samadhi, ritorna alla coscienza sempre più come conoscitore. Egli è il liberato, il jivanmukta, l’epitome di kaivalya-perfetta libertà, che vede lontano, pieno di luce, pieno d’amore. Non si diventa jnani semplicemente leggendo e comprendendo la filosofia. Lo stato di jnana si trova nel regno dell’intuizione, oltre l’intelletto.

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