Yogaterapia: una invenzione puramente occidentale

Oggi gli svizzeri che praticano yoga sono tanto numerosi quanto quelli che praticano il calcio. Ma lo yoga che conosciamo in occidente ha ancora qualcosa a che fare con lo yoga delle origini? E cosa ci dice di noi stessi? Ecco alcuni spunti per dare delle risposte da parte di Valentina Salonna, che sull’argomento ha scritto una tesi .

L’Occidente da anni si è infatuato della pratica yoga, una sorta di mania in continua crescita. Abbiamo visto spuntare qua e là le proposte più insolite, dal birra-yoga al capra-yoga (rispettivamente con una birra in mano o una capra sulla schiena), passando attraverso heavy-metal-yoga o aqua-yoga. In particolare, nel nostro paese, il numero di seguaci di questa disciplina (includendo tutta l’offerta) è addirittura raddoppiato tra il 2008 e il 2014, secondo l’Ufficio federale dello sport, raggiungendo più del 7% della popolazione, praticamente diffuso come il calcio. Parlando più seriamente, la yogaterapia è ora riconosciuta dal sistema sanitario svizzero come medicina  complementare.

Ma alla fine, all’interno di queste diverse pratiche che vanno dalla pura attività acrobatica alla terapia psicologica, cosa rimane veramente dello yoga delle origini?

Nel suo incontro con l’Occidente, questa disciplina ancestrale non potrebbe forse aver perso anche la sua anima?

Un profondo disagio

Questo è il tema principale della tesi che Valentina Salonna sta elaborando alla Facoltà di Biologia e Medicina dell’UNIL, dal titolo: “Yogatherapy e mindfulness: che posto ha lo yoga nella cultura medica svizzera”. Sotto la supervisione di Vincent Barras, accademico dal profilo singolare, poiché lavora anche come insegnante e terapeuta di yoga, ha abbracciato la missione “di osservare l’evoluzione della pratica yoga in Occidente, dove tende a diventare una pratica terapeutica”. Cresciuta in questa disciplina fin da piccola grazie a suo padre, un italiano della Puglia, ha deciso di condurre questa ricerca a partire dal profondo disagio sentito dopo la sua formazione in yogaterapia.

“Ho seguito questa formazione perché cominciavo ad avere troppe persone nelle mie lezioni e non ero stata formata da un punto di vista educativo e terapeutico”, dice la dottoranda. Tuttavia, il corso da me seguito in una scuola privata, riconosciuta dalla Fondazione svizzera per le medicine complementari (ASCA), sembrava mancare di serietà. “È proprio questo tipo di approccio che può creare una reazione di rifiuto da parte della medicina tradizionale dando una sensazione di ciarlataneria”, dice. Ma da persona appassionata qual è, Valentina non poteva fermarsi qui: “Compresi che era tempo per me di dare una cornice a ciò che mio padre mi aveva trasmesso, di approfondire cosa ne pensasse la scienza di tutta questa storia. »

Una tradizione fittizia

Durante la sua ricerca, che voleva essere allo stesso tempo storica, sociologica e antropologica, Valentina Salonna prima di tutto ha incontrato una moltitudine di pratiche diverse che sostenevano tutte di basarsi sulla “tradizione”. In competizione su un mercato promettente, “ogni professore tende ad affermare che il suo metodo è quello fedele alla tradizione, non mancando anche di etichettare le altre scuole come puro show off o posture acrobatiche per Instagram ” Dice la nostra ricercatrice.

Ma cosa è precisamente la tradizione yogica? ” Questo concetto è fuorviante, vuol dire tutto e niente allo stesso tempo”, afferma la nostra ricercatrice e dottoranda. E per un’ottima ragione: “Gli indiani non praticavano yoga! E aggiunge: “Questa disciplina non faceva assolutamente parte della cultura indiana di 5000 anni fa, non era una disciplina popolare. Al contrario era una pratica ascetica, con forti componenti religiose, che veniva trasmessa da maestro a discepolo, seguendo un ordine gerarchico molto severo, ad adepti che decidevano di rinunciare alla vita sociale per ritirarsi a vivere nelle grotte dell’Himalaya. ”

Solo quando è stato esportato in Occidente lo yoga si è effettivamente trasformato  in una disciplina “popolare/democratica”. “All’inizio, dovevi imbatterti in un guru che ti scegliesse e vedesse in te un karma abbastanza buono da renderti degno della trasmissione del sapere, che avveniva attraverso la parola”, continua Valentina Salonna.

Oltre alla democratizzazione della pratica, lo yoga occidentalizzato ha anche cambiato il suo focus. “Lo scopo di uno yogi nell’India ancestrale era di visualizzare e raggiungere gli dei o meglio uscire dal ciclo morte-rinascita. Questo non ha nulla a che fare con la ricerca di benessere e oasi di pace che perseguiamo oggi “, aggiunge la ricercatrice. Da pratica religiosa, lo yoga si è trasformato in “una tecnica di rilassamento e un’arte del raggiungimento del benessere, così come un metodo di prevenzione e di terapia noto come yogatherapy”, dice l’accademica riportando quanto affermato dalla sociologa Véronique Altglas. “Persino lo yoga che si trova oggi in India è un prodotto della globalizzazione, un prodotto moderno e contemporaneo”, assicura.

Oggi, secondo la nostra ricercatrice, è chiaro che nessun movimento può vantarsi di insegnare lo yoga originale. Questa rivelazione ha scosso nel profondo le sue credenze. “Ci sono due Valentine, la ricercatrice e la praticante”, spiega. “La maggiore difficoltà nel realizzare la mia tesi è mantenere il focus sul metodo della ricerca scientifica, anche quando i risultati sono contrari alle convinzioni che ho sempre sostenuto …” Sotto la stretta supervisione del suo direttore di tesi “Per evitare di scivolare nel pregiudizio di una pratica che è sempre stata parte integrante della mia vita”, la ricercatrice di yoga è arrivata a riconsiderare completamente la sua percezione dello yoga, considerandolo più una produzione occidentale che una tradizione millenaria, concetto al quale tutti sembrano oggi ancora opporsi.

Uno yoga utilitaristico

Ma allora, cosa dice di noi questa prima mutazione yoga? “Chi sono oggi i consumatori di yoga: la maggior parte sono persone stressate o depresse,  persone che vogliono trovare un senso alla loro vita o riappropriarsi della propria  fisicità, sostiene Valentina Salonna. C’è un lato affascinante dello yoga che è molto accattivante e si “vende” molto bene. La yogi che fa la sua pratica yoga su una spiaggia di Bali fa letteralmente sbavare la donna rinchiusa nel suo ufficio di New York o Losanna e che è sull’orlo di una crisi di nervi. ”

Ben lontani dagli esercizi degli asceti per avvicinarsi al divino, gli amanti dello yoga di oggi hanno più a cuore il loro benessere personale e l’immagine di una prestazione impeccabile. “Oggi la nostra società considera la persona come fosse divina”, dice la studentessa. “Lo yoga è diventato una pratica di sviluppo personale. L’obiettivo dello yoga ora è laico, andiamo alla lezione di yoga per farci del bene, per rilassarci. ”

E quindi, continua la ricercatrice, se lo yoga ha sedotto gli occidentali, questo è particolarmente dovuto alla componente dell’esperienza personale, che esercita un fortissimo richiamo. “Gli occidentali amano essere protagonisti di ciò che fanno. Quindi se dici loro “devi sperimentare, devi farlo da solo, aderiscono subito”, dice Valentina Salonna. Ecco perché il buddismo ha un tale successo, perché la regola numero uno del Buddha è che non c’è dio, Dio sei tu, e sei tu che devi fare questa esperienza entro i limiti del tuo corpo fisico. 

Nella nostra società laica, la ricerca del benessere diventa quasi una ricerca spirituale. “Essere laici oggi significa che abbiamo bisogno di trovare un aspetto spirituale nelle nostre vite”. “Salire sul tuo tappetino è già un rituale.” Ma attenzione a non sbagliarci. Perché se lo yoga promette di trovare una certa serenità, questo beneficio è spesso solo per renderci … più performanti! “Il Buddha incarna una cultura della performance individuale, il successo individuale, senza l’aiuto del divino o di terzi”. La pratica dello yoga sta quindi responsabilizzando l’individuo. Inoltre, dove meditiamo? In Google, su Facebook, in queste grandi aziende per essere più produttivi, “osserva con interesse la ricercatrice.

Tra l’imparare a lasciar andare e preoccuparsi delle prestazioni, lo yoga di oggi sembra di fronte a un grave paradosso. Perché pur essendo soprattutto meditazione, dallo yoga diventato tecnica terapeutica ci aspettiamo ormai dei risultati. “Le persone cercano lo strumento che li aiuterà ad uscire da un certo stato di malessere, conferma Valentina Salonna. Nella yogatherapy, i pazienti arrivano con una preoccupazione concreta, una sfida professionale, un problema di fertilità o addirittura disordini del sonno. E chiedono quante sessioni ci vorranno per risolverlo. ”

I praticanti di yoga non cercano più la salvezza religiosa per lenire le sofferenze del mondo costantemente rinnovate nei cicli della reincarnazione, ma considerano lo yoga un metodo miracoloso che può aiutarli nel presente, qui e ora, a gestire meglio il loro stress, le loro relazioni interpersonali o anche le ferite del passato per proiettarsi in un futuro luminoso. Profondamente individualista e ossessionata dall’ansia di performance, la nostra società alla fine si aspetta dallo yoga tutto e il suo contrario.

Un grande bazar

Al momento, il fatto è che lo yoga, secondo le parole della nostra ricercatrice, è simile a “un grande bazar in espansione, con aree di confusione e instabilità di ogni tipo”. Nonostante il riferimento di tutti gli stili alla “tradizione”, molte definizioni devono ancora essere verificate. Così, nel corso della ricerca, Valentina Salonna si è imbattuta negli studi di un ricercatore italiano, il professor Federico Squarcini, che è stato in grado di dimostrare che il significato del termine yoga comunemente accettato, che significa unione, sarebbe totalmente errato. “Dopo aver letto la sua traduzione dello Yoga Sutra, ho scoperto un mondo di antropologi, sociologi e studiosi di sanscrito in totale disaccordo con l’affermazione che yoga significherebbe unione tra corpo e mente”, continua – ancora stupita – la nostra professionista di yoga.

E quando lo yoga sembra funzionare così bene per soddisfare le esigenze del nostro tempo, tra produttività, concorrenza e individualismo frenetico, possiamo dire che siamo decisamente lontani dalle sue origini ancestrali … Tutto si trasforma nel tempo: Perché lo yoga dovrebbe sfuggire a questa regola eterna?

Svizzera, culla dello yoga moderno

“Oggi la Svizzera è l’unico paese al mondo, a nostra conoscenza, che riconosce lo yoga come medicina complementare”, afferma Valentina Salonna. E da appassionata se ne rallegra: “E’ straordinario che nel 2009 gli svizzeri abbiano incluso nella Costituzione svizzera l’articolo 118, che dice sì, accettiamo medicine alternative complementari, tra le quali il reiki, il massaggio craniale, le passeggiate in montagna o lo yoga. 

I legami tra la Svizzera e la pratica dello yoga non sono nuovi. Durante la sua ricerca, Valentina Salonna osserva anche che è dalle nostre parti che questa disciplina ha acquisito i primi riconoscimenti ufficiali. Per esempio, già nel 1911, il dottor Roger Vittoz, il “dottore delle nevrosi” a Morges, aveva impostato il proprio metodo di “trattamento della psiconevrosi mediante la riabilitazione del controllo cerebrale”. “Questi erano semplicemente gli inizi della piena consapevolezza”, dice la ricercatrice.

Nel 1932, l’illustre dott. Carl Jung presentò al Club di Psicologia di Zurigo una “Psicologia dello Yoga”. Fatto ancora più sorprendente, il più antico ashram in Svizzera fu fondato nel 1948 e già nel 1950, la Scuola Club Migros diventa il principale centro di lezioni di yoga in Svizzera. Ed ancora nel 1975 viene fondato l’International Yoga Congress a Zinal, nel Vallese. Date fondamentali che appaiono in anticipo rispetto al riconoscimento dello yoga in altri paesi, dato che dovremo attendere fino al 2015 perché l’ONU dichiari il 21 giugno Giornata internazionale dello yoga. 

Per quanto riguarda la conoscenza delle ragioni di tale legame tra il nostro paese e questa pratica ancestrale, la ricercatrice si ripromette di studiarle approfonditamente. Alla prossima ricerca, quindi.

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