Ci sono storie che mi ricordano quanto aspettative e giudizi siano superflui e devianti.
Ero sinceramente sorpresa e felice quando il mio primo maestro mi ha proposto una certificazione per insegnare yoga. Ho iniziato per caso nel 2010, dopo 10 anni di pratica, ogni giorno è un giorno di studio e condivido quello che ho sperimentato su di me. Semplicemente, non ho mai considerato che un weekend potesse darmi qualcosa che i Maestri non abbiano già reso disponibile. Ma questa è solo la mia discutibile esperienza personale.
Quella richiesta era quindi, ai miei occhi, un personale riconoscimento da parte della persona che, fra amore e odio, ho sempre considerato come il mio maestro-radice.Mi sono armata delle migliori intenzioni per ricostruire il mio percorso con questa disciplina, ci ho messo un pezzo di cuore e tante lacrime per realizzare una tesi che provasse a inquadrare il significato dello yoga nella mia vita. Un filo ambizioso, forse. Ma ero felice del risultato, ero felice di avere visto il disegno più grande e di aver collegato i puntini – che poi è un po’ la mia missione…
La consegno, con un filo di ricerca di approvazione, che già non arriva.
“E’ troppo personale”, mi risponde. “Certo, è la mia storia” ribatto.
Passa qualche mese e ricevo una telefonata, da una persona che non conosco, che mi informa di avere il mio attestato. Mi dice che sarebbe venuto in questa zona e me lo avrebbe portato. Poi scopro che è stato depositato in un luogo pubblico, presso una conoscenza comune. Ecco, la poesia del riconoscimento era già svanita. Ma le mie aspettative sarebbero state realmente deluse solo quando ricevo un attestato per l’insegnamento del fitness musicale. Si, la Zumba.
La vita, lo yoga sono strumenti di apprendimento senza eguali: ancora una volta avevo dato a qualcuno potere su di me e proiettato aspettative, cercato validazione fuori. Persino trovato qualcuno a cui dare la colpa! Poi, con un mezzo sorriso, ho archiviato la lezione.
Quello che non immaginavo è che ancora una volta si sarebbe presentata l’occasione di trasformare il veleno in medicina.
Esiste un “caso” che si muove anche per vie virtuali ed è quello che mi ha fatto incontrare lo staff de Il Giornale dello Yoga e iniziare una collaborazione su più fronti basata sull’affinità di mezzi e intenti. Dopo qualche conversazione, per raccontare la mia storia a queste persone ho usato quella tesi. Che inaspettatamente è piaciuta, è stata riveduta e corretta ad uso pubblico e pubblicata qui.
Così quella tesi, quel pezzo di me che non era stato apprezzato, ha avuto nuova vita e si è inserito in una nuova avventura che va oltre me. Nulla di eclatante, non mi interessa se e quanto è stata letta: sono io, è una fotografia di quello che mi ha portata qui. Nulla da vincere, nulla da perdereॐ